ALZARE IL LIVELLO DI CONFLITTO SOCIALE PER IMPEDIRE ALTRE MORTI E ALTRI INCIDENTI SUL LAVORO

L' incidente mortale alla COMITAL di Spinetta Marengo, quali che siano i risultati delle varie inchieste, ha una sola, autentica spiegazione: il livello di degrado nel rispetto dei diritti dei lavoratori da parte di una logica capitalista che ha come unico riferimento la legge del profitto e che considera le persone non come esseri umani ma solo in funzione della loro utilità economica, sia come produttori, sia come consumatori.

I dati nazionali emanati dall' INAIL, su una diminuzione degli incidenti sul lavoro, sono del tutto inattendibili: al contrario, è vero che sono diminuite le denunce degli infortuni stessi, e ciò a causa del clima di paura e di ricatto ormai dilagante: in modo particolare. Questo fenomeno colpisce i lavoratori precari e i lavoratori immigrati, che rappresentano gli anelli più deboli dell'intera catena del lavoro dipendente, ma si estende sempre di più anche ai lavoratori impropriamente definiti più garantiti.

Si è largamente diffusa, in questi anni, una mentalità pericolosamente subalterna, dove la difesa puntuale del proprio diritto alla sicurezza e alla salute nel posto di lavoro viene spesso letta come un elemento di disturbo e di ulteriore difficoltà per gli assetti aziendali. Sono numerose le testimonianze di lavoratori che ammettono che, spesso, l'osservanza delle regole previste viene più o meno blandamente ignorata, con il conseguente instaurarsi di un modo di lavorare quanto meno insicuro. E' peraltro vero che sono numerosi i casi in cui i lavoratori che pongono con forza il problema della sicurezza si trovano in condizioni difficili, spesso soggetti a trattamenti vessatori che possono addirittura mettere a rischio la conservazione del posto.

Di tutto questo esiste una documentazione ampia ma estremamente confusa, difficilmente spendibile nelle sedi opportune proprio a causa del timore persistente di denunciare le situazioni di pericolo. Non è un caso che una delle più importanti vittorie di Confindustria sia rappresentata dalla richiesta di Emma Marcegaglia di ridurre gli effetti eccessivamente vincolanti della 626, richiesta prontamente accolta dal governo, con la modifica al Testo Unico sulla Sicurezza: salvare i manager per salvare i profitti E’ questa la filosofia introdotta dal ministro Sacconi. La norma che inchiodava gli alti vertici delle aziende alle loro responsabilità, in quanto “il non impedire l’evento equivale a cagionarlo”, viene di fatto annullata dalle condizioni introdotte: “che l’evento non sia imputabile ai soggetti di cui agli articoli dal 56 al 60 compreso del presente decreto legislativo per le violazioni ivi richiamate”. I soggetti a cui si riferisce sono i preposti, il medico competente, i progettisti, i fornitori e i lavoratori.
Sarà facile dimostrare in giudizio, per chi ha uno staff legale strapagato, che le responsabilità sono da ricercare nella scala gerarchica dei sottoposti, fino ad individuare nei lavoratori, cioè le vittime, i veri responsabili degli incidenti che li colpiscono, arrivando anche a richiedere loro il risarcimento dei danni materiali e morali.

Nel caso specifico della Comital di Spinetta Marengo, sono impressionanti le analogie con la tragedia della Thyssen-Krupp, a partire dal fatto che lo stabilimento, in un piano di ristrutturazione del gruppo, ha vissuto negli ultimi mesi una diminuzione degli investimenti sul piano della sicurezza e della manutenzione. Di particolare gravità è il fatto che, negli ultimi, tempi, in quella fabbrica si fossero verificati incidenti di minore entità, che avrebbero comunque dovuto rappresentare un forte segnale d'allarme. Denunciamo peraltro il subdolo tentativo di ipotizzare, ancora una volta, l' errore umano: non è concepibile, infatti, che una struttura di prevenzione degna di questo nome debba rivelarsi inefficace anche di fronte a un possibile errore.

Come da tempo ci segnalano le nostre compagne e i nostri compagni del settore pubblico, che sono quotidianamente impegnati in una dura battaglia per rendere funzionali e rispondenti alle esigenze della popolazione i servizi legati alla salute e alla sicurezza, esistono non solo una drammatica carenza di risorse nei comparti destinati a questi scopi, ma anche una assoluta miopia nella progettualità di intervento, di scelta delle priorità, di tempistica. Tutto questo porta ad accrescere la sfiducia nella possibilità di poter disporre di tutele adeguate e il timore, di conseguenza, di possibili ripercussioni.

Il Patto di Base (CUB, Confederazione Cobas e SdL Intercategoriale) sta predisponendo un disegno di legge che affronti l’emergenza degli infortuni e degli omicidi sul lavoro, che ridia centralità e reale potere ai Rappresentanti dei Lavoratori alla Sicurezza, che riconosca le responsabilità penali e civili in capo al datore di lavoro e le sanzioni in modo adeguato. Un datore di lavoro scorretto è molto più pericoloso socialmente dei tanti spauracchi agitati così spesso dalla destra e da buona parte della sinistra e la quotidiana strage sul lavoro dovrebbero essere motivo di vergogna per chi la consente.

Da un lato è fondamentale l'attivazione di una legge che offra maggiori garanzie di tutela agli RLS nel posto di lavoro, che li renda più liberi di svolgere la propria funzione, che permetta che ciò che viene scritto nei contratti di lavoro non rimanga altro che carta straccia; dall'altro, però, è importante che ai lavoratori stessi venga offerto uno strumento legale al quale ricorrere per avere la più ampia protezione nei confronti di ogni rappresaglia padronale. E’ altrettanto necessaria la ripresa di un forte movimento dei lavoratori in difesa del diritto alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro, che contrasti qualsiasi disegno governativo e confindustriale del loro smantellamento.

Nella modestia delle proprie forze, la CUB ha sempre messo a disposizione il patrocinio gratuito; ma, a fronte di una situazione così grave e complessa, riteniamo doveroso lanciare un appello affinchè si costituisca un comitato legale per la sicurezza sul lavoro, e per questo ci rivolgiamo agli avvocati della provincia più sensibili a queste problematiche per arrivare a una struttura permanente che, oltre tutto, in virtù della propria funzione di filtro, incoraggerebbe molte più persone a denunciare la situazione in cui vivono.

Per queste ragioni, nel momento in cui si pone il problema di difficoltà nella ripresa produttiva alla Comital, vogliamo che sia chiaro a tutti che non potrà esistere alcun margine di mediazione tra la riattivazione della fabbrica e un'eventuale, anche parziale, remissione di responsabilità della proprietà e della direzione.

Per i dipendenti Comital devono essere immediatamente attivate tutte le procedure per il sostegno al reddito e, qualora la fabbrica non dovesse riaprire, vanno individuate soluzioni occupazionali alternative.

Soprattutto, per Idrissi e per i lavoratori feriti, vogliamo piena giustizia.