In difesa della scuola pubblica
comunicato stampa
Non è da oggi che la scuola pubblica italiana è sottoposta a un pesante attacco.
Tagli delle risorse, riduzione del personale, chiusura di scuole, con tutte le conseguenze di carattere occupazionale e qualitativo del servizio , sono stati, in questi anni, il cuore vero delle numerose “riforme” attuate dai vari governi.
Contro queste politiche il sindacalismo di base si è sempre battuto, vedendo in esse, soprattutto, una minaccia esplicita alla formazione di donne e uomini liberi e al diritto al lavoro per centinaia di migliaia di operatori scolastici.
Quello incernierato sull’asse Tremonti/Gelmini è soltanto l’ultimo atto di queste politiche, sicuramente il più odioso perché portato avanti senza neppure la parvenza di un confronto democratico, ma, paradossalmente, anche il meno ipocrita: con le sue scelte, il governo Berlusconi ha dichiarato senza mezzi termini che la scuola pubblica è essenzialmente un problema economico, un diritto sociale non acquisito, una spina nel fianco nella sua idea di società omologata. La davvero crassa ignoranza con cui gli esponenti di governo si affannano a giustificare la “riforma Gelmini” mette in luce con crescente evidenza come, in realtà, gli esponenti del centro-destra non sappiano assolutamente nulla, non diciamo di pedagogia e di didattica, ma neppure del normale funzionamento delle scuole.
C’è un versante, quello del diritto allo studio per tutti,della formazione culturale e della costruzione dello spirito critico, delle capacità relazionali, affettive, sociali e culturali, che viene del tutto accantonato, oggi in maniera clamorosa dal centro-destra, ma che si colloca in un filone pluridecennale di politiche scolastiche di ogni colore che hanno fatto aumentare gli alunni per classe, ridurre gli insegnanti di sostegno, rendere precaria la continuità didattica attraverso la precarizzazione degli insegnanti.
C’è un altro versante, quello della scuola come servizio sociale più ampiamente inteso, che vede nella riforma Gelmini una riduzione consistente non solo del tempo-scuola a valenza educativa ma anche della ampiezza stessa del servizio, una riduzione drammatica della rete scolastica sul territorio, una compressione della popolazione scolastica in enormi plessi dalle classi affollatissime; il tutto senza la minima preoccupazione per quanto riguarda, non diciamo gli spazi della didattica – il centrodestra non ha idea di che si tratti – ma i semplici spazi di agibilità, in assoluta indifferenza verso le leggi che prevedono un rapporto molto rigido tra cubatura dei locali e presenza umana, la sicurezza nei trasporti, i diritti dei più piccoli. Al di là del danno sociale che verrebbe procurato con la chiusura di centinaia di scuole, occorre sottolineare l’impatto economico che ciò avrà su migliaia di famiglie, sul disagio che ne deriverà, sull’introduzione di risposte emergenziali a basso costo, quali doposcuola privati o semi-privati gestiti da personale ultrasfruttato e, quindi, ancor più demotivato.
Condividiamo le preoccupazioni espresse da molte istituzioni pubbliche, e per questo chiediamo all’amministrazione provinciale di Alessandria, che sul problema ha espresso una posizione corretta, di continuare a essere partecipe del movimento generalizzato di lotta che ha investito l’intero Paese. Fermo restando il più profondo rispetto per qualsiasi iniziativa possa contrapporsi al progetto Gelmini, noi continuiamo a pensare che lo sciopero generale dello scorso 17 ottobre abbia rappresentato un forte momento di unità tra la scuola e l’intero mondo del lavoro dipendente: perché di questo si tratta, di difendere un diritto che è di tutti i lavoratori, perché è dei nostri figli che stiamo parlando, figli ai quali in questi ultimi anni sono stati sottratti diritti fondamentali conquistati con grandi lotte. E’ questa la strada da percorrere, secondo noi, evitando che il problema scuola diventi un problema di settore, più facile da isolare, minimizzare, criminalizzare. Il padronato ha tutto l’interesse a trasformare la scuola e l’università in una diretta emanazione dei propri interessi e a tali interessi subordinarle, addebitandone i costi alla collettività. Già lo sta facendo con gli aiuti agli speculatori delle banche e violando il protocollo di Kyoto sul clima, e in questo i suoi alleati non sono solo nel centro-destra.
La blindatura del percorso del decreto Gelmini, le minacce fasciste di Berlusconi di ricorrere alla violenza per tacitare il movimento, i nauseabondi deliri razzisti del governo e in particolare della Lega Nord (la quale sa benissimo di usare argomenti “emozionali” e non praticabili, ma l’importante è gettare letame sui valori democratici) testimoniano dell’assoluta pochezza culturale della maggioranza ma anche di una ostinata determinazione a trasformare ogni problema sociale in una questione di ordine pubblico e di contenimento della spesa pubblica: per questo ci rivolgiamo a tutti le lavoratrici e a tutti i lavoratori di ogni settore, perché costruiscano insieme al movimento della scuola e dell’università un progetto di difesa dei diritti fondamentali garantiti dalla costituzione.
Queste motivazioni, già alla base della straordinaria partecipazione allo sciopero generale del 17 Ottobre indetto dal sindacalismo di base che ha segnato la ripresa del conflitto sociale nel Paese, ci schiera apertamente “senza se e senza ma” dalla parte di chi lotta e che non saranno i manganelli a svuotare le piazze, ad impedire a studenti, lavoratori, pensionati, precari, disoccupati di continuare a lottare contro chi vuol fare loro pagare la crisi.
Il 28 di Ottobre, nel tardo pomeriggio, presso l'Unione Industriale a Torino ci sarà la ministra Gelmini, la RdB\CUB del Piemonte sarà in piazza con studenti, coordinamento genitori, docenti, lavoratori, per manifestare ancora una volta il nostro fermo dissenso al progetto di smantellamento della Pubblica Amministrazione e dello stato sociale. Invitiamo tutti ma proprio tutti a essere presenti per portare i più “calorosi saluti” alla ministra Gelmini.