Thyssen-Krupp - "Assassinati dalla miseria"

COMUNICATO STAMPA

Alessandria -

La strage all’acciaieria Thyssen-Krupp di Torino ha portato ancora una volta all’attenzione generale la tragedia degli omicidi sul posto di lavoro. In questo momento, il rischio più grosso, per un sindacato come la C.U.B., è quello di confondere la propria voce con il fiume di “lacrime di coccodrillo” che in questi giorni vengono versate. Faremo quel poco che potremo per le famiglie dei lavoratori uccisi, sapendo però che nulla potrà dare conforto al loro dolore. Come molti nostri compagni hanno detto in queste ore, “ogni giorno sarebbe necessaria una sottoscrizione, ogni giorno ci vorrebbe uno sciopero”.

 

La mortalità sul lavoro ha raggiunto livelli intollerabili, ma questo dato drammatico è l’aspetto più visibile, non l’ unico, però, di una situazione in cui la vita e la salute di una massa infinita di persone sono state ridotte a un fattore collaterale di rischio nella logica dello sfruttamento padronale.

 

Per uscire da questa situazione il movimento sindacale deve assumere alcuni obiettivi molto chiari, e assolutamente incompatibili con le logiche dell’impresa e del mercato:

 

-         un fortissimo aumento salariale per tutte le categorie di lavoratori e di pensionati: la povertà, di cui tanti “sapienti” si riempiono sociologicamente la bocca, è un dato di fatto che costringe milioni di persone ad accettare condizioni di lavoro vergognose. Bisogni reali e bisogni indotti hanno reso attuale il problema della terza decade del mese, altro che la quarta settimana! L’abolizione della scala mobile, il sistema di adeguamento automatico dei salari, approvata a suo tempo da CGIL CISL UIL, ha messo nelle mani del padronato uno strumento terribile di ricatto verso i lavoratori. Quando si hanno salari e stipendi da fame, se si vuole rimanere persone oneste, non si può più badare alla sicurezza, alla stanchezza, alla flessibilità, ai turni massacranti, all’aumento dei carichi di lavoro: si deve sempre chinare la testa e dire di sì agli ordini del capitale.

 

-         la stipula di contratti in cui sia espressamente vietata ogni monetizzazione del rischio e della nocività: la messa in sicurezza delle aziende deve gravare esclusivamente sulla proprietà; i diritti al riposo, alle ferie, alla malattia, alla riduzione dei carichi di lavoro, all’eliminazione delle produzioni nocive, al rispetto integrale della legge 626 non possono più rientrare in alcun livello di contrattazione, a partire dai micidiali “premi di produzione” che vengono contrattati nelle aziende.

 

-         il superamento del lavoro precario, a partire dal pacchetto Treu per finire alla legge Biagi: non esistono tutele per chi è precario, e spesso i lavoratori precari sono usati come strumento di ricatto nei confronti di quelli a tempo indeterminato. Un lavoratore precario corre troppi rischi a chiedere la tutela sindacale, perché sa di aumentare il pericolo di non venire confermato e che il suo nome venga iscritto nelle liste nere delle agenzie di caporalato.

 

-         un investimento fortissimo, basato su un consistente aumento di personale e sull’attivazione di pratiche idonee, per le istituzioni preposte al controllo delle condizioni di lavoro, di sicurezza, di legalità. Il numero delle persone attualmente destinate a questa attività sarebbe ridicolo, se non fosse tragico: il rapporto è di uno a migliaia, un dato inverosimile per un paese che parla e straparla di diritti umani.

 

-         un meccanismo autenticamente democratico che permetta di eleggere gli R.L.S. (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) tra chi effettivamente goda della fiducia dei compagni di lavoro e sia in grado di svolgere tale compito: in questo senso, occorre, da un lato, che i corsi di formazione, previsti dalla legge 626, siano tenuti dall’istituzione pubblica e tali da garantire un’effettiva preparazione per i delegati; dall’altro, occorre aumentare le tutele legali per tali delegati, perché possano svolgere in piena libertà il proprio compito di vigilanza, di indagine, di denuncia, senza subire alcuna pressione da parte del padronato.  

 

Anche nelle fabbriche e negli enti pubblici della  nostra Provincia, sempre più “cinesizzata”, spesso avviene che i lavoratori siano ridotti a una tale condizione di paura e di ricattabilità da impedire loro di esprimere con libertà e chiarezza i problemi che vivono: non è un caso che, sempre più spesso, giungano al sindacato segnalazioni anonime e inviti a “fare qualcosa” senza chiamare in causa direttamente chi vive un problema nel suo posto di lavoro. A tutte queste persone la C.U.B. lancia un messaggio di speranza e di fiducia, ricordando che solo con l’unità e la mobilitazione si possono vincere battaglie che si stanno facendo sempre più drammatiche.